Non mi è mai piaciuto il termine caregiver, nonostante generalmente adori i termini inglesi. Quando penso alla mia esperienza, non mi vedo proprio come un caregiver. Sono una mamma e come tutte le mamme ho seguito e curato mio figlio, con un piccolo dettaglio: Davide è affetto da fibrosi cistica.
Scoprire in modo drammatico e acuto che il tuo bambino appena nato ha una patologia grave, degenerativa e senza cura credo sia il dolore più grande che si possa provare. Il percorso per arrivare ad accettare tutto questo è molto lungo e difficile. Forse in realtà non si accetta mai.
In questo percorso, però, sono stati fondamentali i momenti dedicati alle terapie, momenti assolutamente nostri, che diventavano coccole o gioco. L’importante era vivere tutto ciò che la malattia cercava di toglierci, riconquistandolo con una visione diversa, nel modo più sereno possibile. Nei “nostri” momenti non potevamo avere fretta, essere di cattivo umore, avere la testa e il cuore altrove. Eravamo io e lui.
E giorno dopo giorno vedevo e toccavo con mano che stava bene, che la sua vita, terapie a parte, era come quella degli altri bimbi. E questo mi ha dato una gran forza e probabilmente a lui sicurezza e fiducia, nel momento in cui è diventato autonomo.
Questa è stata finora la nostra arma vincente. Il prendere le terapie come un’occasione e non come una necessità. Il tempo dedicato alle cure è sempre un momento speciale che ci siamo dedicati e che adesso Davide si dedica, senza fretta. E giorno dopo giorno siamo arrivati fino a qui, a 21 anni… So far so good.
Francesca Farma